D: Sveglia senza sole, atmosfera strana, oggi cascherà pure qualche goccia di pioggia, e sì che il giorno prima abbiamo fatto i gommist...

Finale col botto

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D: Sveglia senza sole, atmosfera strana, oggi cascherà pure qualche goccia di pioggia, e sì che il giorno prima abbiamo fatto i gommisti a torso nudo!
Mancano poco più di 200 km all’asfalto, puntiamo ad arrivare in Marocco entro sera, anche se  i km da percorrere sono ancora parecchi e abbiamo già avuto la conferma che non si possono mai fare programmi precisi... Comunque con la benzina siamo giusti, di acqua ne abbiamo e non c’è da navigare: si prospetta un ultimo giorno in scioltezza!
Nonostante la ferrovia che indica inequivocabilmente una direzione, il dedalo di piste (è una direttrice parecchio trafficata!) ci confonde e sovente ci inventiamo dei raccordi tra una traccia e l’altra in fuoripista: sempre il giusto mix tra sabbia, terreno duro e pietre, con la moto che corre veloce e gli occhi che faticano a stare dietro a tutto, cercando i giusti riferimenti, guardando il GPS, lo specchietto, la rotta da seguire, gli ostacoli da superare...
Bello, proprio bello essere bombardati da informazioni e volerne trovare altre ancora: si guida coi cinque sensi, ma qui ogni percezione è amplificata, e ti rendi conto di quanto sia indispensabile che ogni centimetro del tuo corpo, ogni funzione del tuo essere debba trovarsi in sintonia con l’ambiente che ti circonda e col mezzo che tieni serrato tra gambe e braccia... Qui i piedi diventano le antenne di eventuali vibrazioni anomale, poi spingono sulle pedane per impostare le traiettorie... le gambe stringono i fianchi della moto e le ginocchia strusciano tutto il serbatoio, in un continuo movimento che perfeziona equilibrio e spinte. Il sedere indietreggia o avanza in funzione del fondo e degli accidenti che ti si prospettano davanti, con il busto reso rigido dalle protezioni e che comunque non sta mai fermo, alla ricerca di quel punto di equilibrio generale che fa si che le braccia non si stanchino mai... E le spalle si muovono in avanti per contrastare la spinta dell’aria o per seguire la testa, che avanza e ruota per soddisfare le esigenze degli occhi... Le orecchie sono pronte a percepire ogni eventuale rumore sospetto e le mani non stringono solo un ponte di comando, ma interagiscono con la vista e con le altre parti del corpo per trasmettere dati al cervello, la cui funzione principale diventa quella di fa ruotare più o meno la manopola del gas...

Qui trovare un cavalletto
è stato impegnativo
E sembra di avere i polpastrelli al posto dei tasselli del copertone davanti: senti la consistenza della sabbia, senti l’aderenza della gomma sul terreno duro, senti.... senti la pietra che è sfuggita allo sguardo! Bang! Camera d’aria andata! In un secondo la ruota davanti è a terra, e già con lo sguardo sei alla ricerca del tuo nuovo cavalletto centrale: ecco, forse quel gruppo di pietre... E col pensiero alle pietre annoti un’altra morbida scivolata in questo deserto...
Oramai cambiare la camera è quasi una routine, e in poco ci sbrighiamo. Se non altro non c’è il caldo di ieri...
Si riparte, pensando che i novanta km all’asfalto voleranno via, ma ecco che siamo distratti da una strana locomotiva che fa scintille da tutte le parti: occasione ghiotta per fermarsi e per cercare di capire che cavolo sia questo drago tecnologico...
Foto di rito e ancora in sella. Settanta, ottanta all’ora. Di rado si toccano i cento. Nicola è avanti, io viaggio a venti-trenta metri, spostato di una manciata di metri di lato. E il ritmo è perfetto. Poi l’esplosione di adrenalina: un dosso, uno come tanti, uno di quelli inevitabili. Rallento per quanto possibile, poi accelero dolce... impostazione perfetta ed esce un gran salto. E subito un altro dosso: la moto ci atterra sopra, si scompone un poco, e con un gran rimbalzo proietta i trecento e passa kg sul terzo dosso. Mi gusto il panico di quella frazione di secondo in cui a ottanta all’ora vedi il terreno che si avvicina e la ruota davanti che troppo bassa punta la leggera salita: inutile cercare di spostare i pesi, inutile qualsiasi manovra correttiva... Lucido, percepisco la forcella che si comprime e morbido nelle articolazioni sento il mondo che mi ruota attorno... Mi sento come l'uomo sparato dal cannone del circo, solo che qui il volo è scomposto e manca la rete. Se cadere in moto non mi fa particolarmente paura, staccarmi violentemente dal suolo ed essere proiettato in aria produce una inevitabile apprensione. Quattro, cinque decimi di secondo. Dieci, venti metri. Una trentina con la scivolata che ne segue. Polverone pazzesco e un gran dolore: e subito a cercare la moto con lo sguardo, e subito in piedi per mandare un messaggio tranquillizzante a me stesso e a Nicola, che da lì a poco si dovrà girare. Ma la botta è forte, e le gambe non reggono...

N: Passo una collinetta e, come ormai d'abitudine, cerco il compagno con la coda dell'occhio. Non lo trovo: mi volto, senza fermarmi, e per un attimo mi balena l'immagine distante di Davide in piedi, a parecchi metri dalla moto sdraiata a terra. È un singolo fotogramma, immobile. Ho visto bene? Me lo sono immaginato? Faccio inversione, ma non vedo più nulla, Davide deve essere fermo dietro alla collinetta...
Normalmente in questi casi ho imparato a fermarmi ed aspettare:  le poche volte che è caduto o si è insabbiato, Er Gallo ha rialzato la moto e si è tirato fuori da solo prima che io riuscissi anche solo ad arrivare. Ma in quella immagine c'era qualcosa che non torna, e questa volta corro subito indietro. Trovo Davide sdraiato in terra, fianco a fianco di Azzurrina coricata, come se stesse sussurrandogli paroline dolci... e per quanto surreale, la scena non è per niente divertente!
Non ho tempo di spaventarmi: appena lo vedo mi fa segno col pollice alzato, "va tutto bene". OK, niente di grave, anche se un'occhiata basta per capire che la situazione non è rosea... Scendo, aiuto Davide a mettersi comodo, togliersi casco e guanti, capire se ha qualcosa di rotto. Ha un forte dolore alla spalla, potrebbe essere una clavicola.
Deve essere stata una bella botta, addirittura ha perso la mitica cresta sul casco, che ritrovo a parecchi metri di distanza... Ecco perchè sei caduto, hai perso la cresta, è come i capelli di Sansone! Ci ridiamo su, ma nel frattempo mi tornano alla mente le parole di Vale nel racconto del viaggio in Tunisia...
Niente panico! Mentre Davide riprende fiato mi occupo della moto. Non è scontato che riesca a guidarla, ma conoscendolo sono sicuro che ci proverà! Così, dopo che mille volte ho dovuto farmi aiutare ad alzare la mia, ho l'occasione per ricambiare... sarà per la necessità, questa volta ci riesco da solo, e alla svelta!

D: Clavicola, spalla, braccio... non so. Ma non si muove niente e il dolore è sempre più forte. E immagino andrà sempre peggio. Imploro Nicola di far ripartire la moto, voglio salire in sella e arrivare da qualche parte. Ma non sto neanche in piedi....

N: Danni: il cupolino è in pessime condizioni: a parte carena e faro, il telaietto in alluminio è completamente piegato su un lato ed interferisce con lo sterzo. Provo a raddrizzarlo con le leve smontagomme, ma non si muove di un millimetro. Mentre armeggio, ecco all'orizzonte una carovana, alcune moto ed un 4x4 che viaggiano in direzione opposta alla nostra. Una benedizione!
Mi sbraccio, in un attimo arrivano. Alcuni assistono l'infortunato, altri mi aiutano con la moto: me la faccio tenere dritta mentre ci salgo sopra in piedi e salto letteralmente sopra al telaietto per tentare di raddrizzarlo. Niente da fare, non si muove di un millimetro. "Muy robusto, muy bien heco" si complimenta uno dei nostri amici. "Gracias" fa eco Davide, che assiste alla scena da terra... sarà una reazione alla vista della moto così maltrattata, dopo un attimo si rialza ed inizia a prepararsi per risalire in sella.

D: Penso di non aver ma preso un antidolorifico: li ho dietro ma sono ben nascosti nello zaino... Questi spagnoli insistono un poco affinché ne ingurgiti un paio, e mi convinco solo quando vedo Nicola in piedi sulla sella, con un paio di complici che gli tengono dritta la moto. Merd... con gli stivali da cross sta dando grandi calci al telaietto.... poi non pago lo vedo che ci salta sopra a piedi giunti! Dammi ‘ste pasticche, che ora mi fa male pure il cuore!

Rimessi insieme moto e guidatore,
non può mancare una foto ricordo
N: Nel frattempo da un fuoristrada salta fuori nientemeno che un asse di Land Rover, e finalmente con un metro e mezzo di leva riusciamo a raddrizzare il telaietto e liberare lo sterzo. Ho l'onore di fare un giro di prova. Ma quanto è alta sta moto? Davide invita il gruppo degli spagnoli a fare una preghiera perchè io non cada...
Ci rimettiamo in sella, non prima di esserci fatti regalare 10 litri di benzina che ci permetteranno di arrivare a Dakhla senza ripassare da Nouadhibou.
Siamo di nuovo soli. Davide se la cava benissimo: è una scheggia, quasi non gli sto dietro, anche se è costretto a guidare seduto, facendo forza con un braccio solo...
Alcuni tratti sono molto insidiosi, con sabbia molle, solcata da tracce di altri veicoli... e mancano 80 km alla strada asfaltata. Sarà dura!
Mentre guido mi dico: OK franco, finora è stato semplice contare sul fatto che dalle grane mi avrebbe tirato fuori lui. Ora, se necessario, tocca a me, quindi niente cazzate, non devo cadere, non devo pizzicare, devo stargli incollato e non perderlo di vista un attimo!

D: Guidare nella sabbia seduti, con un braccio solo, non è divertente. In più mi trovo a piangere per il dolore... La salvezza sta nella velocità, nel guidare di gas, per cui cerco di viaggiare sostenuto. Il casino è quando bisogna attraversare tratti di sabbia molle, con in mezzo le tracce dei 4x4... Normalmente ci si alzerebbe in piedi e si spingerebbe sulle pedane: ora invece parto sconfitto. Attraverso questi tratti aspettando che la moto si scomponga da un momento all’altro, e puntuali arrivano un paio di voli mica da ridere...
E Nicola riesce da solo ad alzare la mia moto! Ma allora mi hai preso per il culo per tutto il viaggio?? Almeno si sorride un po’...
E anche gli ultimi ottanta km volano via. Questa volta lasciando qualche lacrima di dolore sulla sabbia...
Arriviamo alla dogana. C’è la scusa di un ferito, la faccia malconcia e la moto rotta aiutano a farci passare avanti nelle sempre lunghissime code di frontiera: qui qualcuno nell'attesa gioca addirittura a bocce...
Io mi sdraio in terra e lascio le pastoie burocratiche a Nicola. Meglio tenere al caldo un po’ di energie: ci sono ancora 350 km di asfalto prima del furgone...
Ma la fortuna mi assiste e in frontiera arrivano i due spagnoli motociclisti incontrati qualche giorno prima sotto il passo di Amogjar. Loro hanno già recuperato la macchina e le moto sono sistemate sul carrello, per cui vedendomi malconcio uno dei due si offre di fare cambio: lui guiderà la mia moto fino a Dakhla, cedendomi il posto su un comodo Toyota.
E così mi faccio gli ultimi km viaggiando in macchina, lamentandomi un po’ per il forte dolore, ma conscio che la solidarietà motociclistica mi ha aiutato parecchio. Maciniamo i km fino a Dakhla in gran carriera ma arriviamo col buio, concludendo il nostro viaggio con una capatina all’ospedale militare, dove mi rassicureranno che non mi sono fatto nulla.... salvo scoprire solo in Italia che la gran botta ha rotto tutto quello che si poteva rompere nella spalla - ossa a parte!
Non ci resta che offrire la cena ai nostri amici spagnoli, andare a riposare un po’ e iniziare a pensare ai 4000 km di furgone che ci separano da casa...

Mauritania 2006: Stage 12
10 Gennaio 2007
Percorso: Tmeimichat - Nouakchott - Dakhla (587 km)


Mauritania 2006: Cronologia



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