Davide: Al mattino facciamo i turisti e andiamo a piedi alla città vecchia a fare man bassa di souvenir. La città riceve sovvenzioni e...

Chinguetti e Ouadane, le biblioteche del deserto

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Davide: Al mattino facciamo i turisti e andiamo a piedi alla città vecchia a fare man bassa di souvenir. La città riceve sovvenzioni e aiuti un po’ da tutte le parti, e anche l’Europa contribuisce con piani di restauro e progetti occupazionali per le donne. Tra le città visitate rimane la più curata, e nonostante le modestissime dimensioni, anche la più battuta dai turisti: inevitabile quindi essere presi d’assalto da una miriade di venditori, coi quali è comunque piacevole interloquire e... trattare!
In giornata vorremmo fare una visita anche ad Ouadane, giusto quei 120 km di deserto più in la, quindi cerchiamo di incastrare velocemente i souvenir nel bagaglio e partiamo (come sempre) saltando il pranzo.


A Chinguetti troviamo benzina senza grossi problemi, per cui partiamo in direzione di Ouadane per la "diretta", una linea di sabbia soffice disegnata solo sul GPS... Qualche problema appena partiti nello scovare i passaggi migliori, anche perché il letto del fiume in secca nel quale viaggiamo è ricoperto di sabbia impalpabile, per cui fermarsi o rallentare per ragionare risulta impossibile.

Pozzo recente, ma secco
In effetti prende anche un po’ il panico: in questo primo tratto di sabbia il motore va spremuto come pochi, consuma un casino e la temperatura è sempre in zona rossa... sarà mica meglio abbandonare l’idea e buttarsi sulla anonima pista tracciata più a nord? Ma questi pensieri durano poco, svaniscono quando si inizia a correre in mezzo ad un deserto incantato, fatto di dune vere, molto allungate e morbide, di sabbia relativamente compatta.

E la voglia di giocare prende il sopravvento, iniziamo a girare in tondo, ci mettiamo a zig-zagare gustando solo la sensazione di libertà e la totale perdita dei riferimenti spaziali... si arriva a non capire l’inclinazione della sabbia, arrivi a non comprendere esattamente se stai salendo o scendendo...
La perdita di un bullone ci riporta con le ruote per terra, e dopo la sosta ‘riparatrice’ continuiamo con un’attenzione maggiore per la tabella di marcia. Le dune finiscono, la sabbia no, ma pietre di modeste dimensioni obbligano a cercare una pista, una traccia da seguire: il fuoripista è troppo lento e mette in pericolo i cerchioni.
Giochi artigianali all'oasi
di Tanouchert
Troviamo delle tracce da seguire, ma in realtà viaggiamo abbastanza "a naso": incrociamo un paio di oasi sperse nelle sabbie, ci accorgiamo che il tempo necessario per arrivare a destinazione è sicuramente maggiore di quello preventivato, ma tornano ancora le dune, e diventa anche divertente cercare i passaggi migliori, riuscire a non fermare mai le ruote, riuscire a capire come può essere tagliata una duna e indovinare la consistenza della sabbia in base al colore ed alla posizione rispetto al vento... Un occhio sul GPS, uno alla ruota anteriore per non fare errori, uno che guarda spostato un po’ più avanti per capire dove passare e l’altro che cattura e trasmette all’anima le immagini di questo paesaggio fantastico... urca, questo deserto moltiplica le capacità sensoriali! E il senso di libertà è completato dall’essere in moto, solo due moto: medie elevate, difficile perdere un compagno e nessuna macchina da aspettare...
Ce ne freghiamo di cercare tracce o piste, inseguiamo un puntino sul GPS, e ovviamente la punizione arriva: a pochi km dall’arrivo ci troviamo in mezzo a sabbia cosparsa di pietre, una infinità di pietre, di quelle che se le prendi bolli il cerchio... ma alla fine è divertente anche questo slalom obbligato, in piedi spingendo sulle pedane e cercando di alleggerire l’avantreno quando non ci sono alternative al colpo in arrivo.
E siamo ad Ouadane. Ci assicuriamo che ci sia benzina al distributore (ovviamente da fusti) e sempre in moto cerchiamo di capire come funzioni la città: c’è una parte vecchia da visitare a piedi, ma ci sarà altro da vedere? E per scoprirlo ci arrampichiamo sulla collina e ci infiliamo nelle strette viuzze dell’urbanizzazione nuova: niente da vedere ma sicuramente una moltitudine di bambini e ragazzi a volte un po’ troppo invadenti...
La particolarità è che qui gli unici mezzi sono vecchi Land Rover, solo vecchi pick-up di Land Rover: se ovunque andiate in Africa vedrete che i locali usano quasi solo esclusivamente Toyota, qui la cosa è diversa, e sicuramente necessiterebbe di una investigazione approfondita!

Rovine di Ouadane
Ci fermiamo a visitare le rovine della città, solo in parte restaurate dai portoghesi. Si capisce perfettamente quanto grandiosa dovesse essere... Il nostro cicerone ci spiega con dovizia di particolari parecchi aneddoti, e si dilunga a raccontare un po’ di tutto, dalle case dei tre fondatori al sistema di pozzi ‘entro le mura’, fino a farci immaginare quanto rigogliosi potessero essere i giardini all’esterno.
Inizia a farsi tardi, e ancora non abbiamo deciso dove andare a dormire: qui abbiamo visto tutto quello che c’e’ da vedere (alla veloce, certo!), e allora decidiamo di incamminarci verso Atar, distante 200 km di piste...
Dal benzinaio troviamo ancora il tempo per un saluto ad un gruppo di italiani in fuoristrada e camion (un Unimog spettacolare!) e, con il sole in faccia e all’orizzonte, ci mettiamo in sella. La pista che va da Ouadane ad Atar è davvero bella, molto curata e parecchio larga. Queste piste, che loro chiamano "rempli", sono fatte portando camion e camion di terriccio per ricoprire il fondo sabbioso e sassoso con uno strato liscio ed uniforme. Il risultato è ottimo.
Essendo solo in due possiamo viaggiare affiancati, così eliminiamo anche il problema della polvere. Abbiamo il sole in faccia, e quando cala dietro l’orizzonte è quasi un sollievo per gli occhi, che però devono rapidamente abituarsi all’oscurità...
Viaggiare di notte ha il suo fascino, e considerando che qui il panorama non offre un granché, non si vedono controindicazioni circa il non fermarsi neanche col buio, se non che sono passate dodici ore da quando abbiamo fatto colazione, e quella è l’ultima volta che abbiamo messo qualcosa in pancia! Ci ricordiamo del ‘campeggio’ visto due giorni prima al Passo di Amogjar, è il posto ideale, così anziché 200 km ne dovremo fare ‘solo’ 150.

Lussuoso Auberge...
Con qualche problema di orientamento (non mio, di Nicola, che si intestardiva a non darmi retta!), arriviamo dal ragazzo che lo gestisce, a notte fonda, e scopriamo che l’"Auberge" non esiste proprio: consiste in un tendone mezzo divelto dal vento che sta in fondo al canyon, per cui si tratterebbe di rifare le ‘trialere’ in discesa, di notte... Chiediamo se c’è la possibilità di piantare la tenda da qualche parte, ma il tizio insiste per farci dormire nella ‘casa’. Scena: buio pesto, non esiste anima viva o qualsiasi segno di civiltà nel raggio di 60 km, noi siamo stanchi e affamati, il campeggio in realtà non esiste e siamo capitati da uno che vive tra quattro mura di pietra (dimensione 3 x 4 m), senza luce, acqua o servizi... ...però è simpatico e ha pure un gatto, per cui considerando che Nicola è allergico ai felini, decidiamo di fermarci! 

Camera da letto-cucina-salotto
divisi con gestore e gatto!
Ovviamente non ha neanche tutte le nostre diavolerie (fornelletto, luci da fronte, sacco a pelo e menate varie) ma vive sereno: fa da cicerone per delle pitture rupestri poco distanti e studia i suoi libri a lume di candela. Ovviamente non ha nulla da offrirci per cena, lui la sua manciata di cous-cous se l’è già mangiata, siamo un po’ in ritardo... forse meglio così!! Però per giustificare i 10 euro chiesti per dormire con lui, ci prepara sotto gli occhi tre forme di pane pesantissime ma ottime, che dureranno due giorni!

Rocce nere dalle forme più strane
intorno al passo di Amogjar




Mauritania 2006: Stage 9
7 Gennaio 2007
Percorso: Chinguetti-Ouadane-Passo di Amogjar (267 km)


Mauritania 2006: Cronologia



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