Stage 3: Al fuoco!!!
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Stanchezza e difficoltà mettono a dura prova anche i team più collaudati. Così nonostante il risveglio nella pace più assoluta di un campo di dune e lo spettacolo mozzafiato del sole che sorge, la colazione trascorre con una sottile tensione...
...che esplode appena riusciamo a trovare una buona scusa per dircene quattro! Un liberatorio “scambio di opinioni” è l’ideale per liberare la mente e concentrarsi sul da farsi. Secondo la cartina siamo alla fine dello stretto corridoio sabbioso che attraversa l'erg Amatlich, ma dobbiamo ancora trovare il passaggio per uscirne.
Per fortuna possiamo fare affidamento sulle tracce di un fuoristrada passato di recente, così partiamo tranquilli... la giornata inizia bene, è un piacere seguire le tracce che serpeggiano fra le dune… finché dietro a una curva le tracce si infilano in un muro di sabbia alto 3 metri! Piccola esitazione, proviamo a crederci e dare gas… è come andare a sbattere in un muro di gommapiuma!
Ci troviamo con due moto impiantate nella sabbia fianco a fianco. Ops… il fuoristrada di cui seguiamo le tracce evidentemente viaggiava nell’altro senso!
Seguiranno lunghe passeggiate sulla sabbia per cercare il passaggio… sotto il sole rovente anche solo camminare con stivali, pettorina e ginocchiere è una fatica non da poco. Marca male: siamo appena ad inizio giornata ed abbiamo già bevuto metà della scorta d’acqua che ci resta...
Quando finalmente ci tiriamo fuori, un breve tratto scorrevole ci fa dimenticare le difficoltà appena superate. Sulla CRF la pista scorrevole invita a studiare il display digitale, curiosi di trovare la combinazione di marcia e velocità per cui i consumi siano minimi… la strada è tanta e non sappiamo se troveremo benzina nei villaggi che incontreremo prima di Atar.
Arriviamo ad un bivio: sappiamo che una breve deviazione porta al Guelta di Amazmaz, una sorgente con un laghetto incastonato in fondo ad una valle rocciosa. È uno dei posti che ci hanno intrigato quando abbiamo studiato il percorso, ma ogni deviazione richiede tempo e benzina, quindi ci consultiamo:
Nicola: “Uhm, la guida dice che la pista è una pietraia ‘très cassante’...”
Davide: “Beh, ma noi mica abbiamo problemi con le pietre! Fosse sabbia come stamani... C’è scritto pietre no? E poi dice 7 km, saranno quanto, cinque minuti?”
Le ultime parole famose... presto la pista attraversa una zona di sassi grossi come meloni, fitti fitti su un fondo inizialmente sabbioso, poi via via sempre più roccioso. Un paesaggio lunare che non abbiamo modo di ammirare molto, perché in questi 7 km la “pista” consiste in grossi sassi accostati, una pista da trial senza stop in cui bisogna andare abbastanza forte per superare agilmente massi e gradini, ma non troppo per non scassare i cerchi o rischiare di pizzicare la camera d’aria… Sembra di stare su un tappeto vibrante, e anche tenere il manubrio diventa un faticoso esercizio! In questi passaggi la cosa migliore è tirare dritto fino a destinazione, perché a fermarsi per prendere fiato e ripartire si pena troppo.
Siamo ripagati dalla scoperta di questo guelta, in cui l’acqua sgorga cristallina formando una serie di stagni riparati da una parete rocciosa. Ci congediamo da alcuni contadini che stanno piantando delle palme sotto il sole cocente e che ci offrono il tè, per tuffarci nell’acqua: la tentazione di un bagno gelato è troppo forte e l’acqua limpida e corrente ci fa superare la preoccupazione di prenderci la bilharziosi.
Bagno gelido, tanto che ci sdraiamo al sole sulle rocce roventi per asciugarci… ma al ritorno, il supplizio della pista vanifica rapidamente l’effetto rinfrescante del bagno.
Nicola: non senza fatica, arrivo in fondo tutto d’un fiato… quando mancano venti metri mi dico, finalmente è fatta! Alzo gli occhi al cielo... e SBAM! Centro in pieno un bel sasso in mezzo alla pista! L’anteriore decolla, negli occhi un singolo fotogramma con il colore azzurro del cielo e la sensazione di cavalcare un cavallo imbizzarrito. Atterraggio a bordo pista, proprio in mezzo a un bel mucchio di pietre. Che botta.
Marca male: mi tolgo giacca e protezioni prima di occuparmi dei danni, tanto ne avremo per un bel po’. Cadendo sulle pietre si è piegato il telaietto portastrumenti, rotto il cupolino ed il supporto del GPS. Peggio ancora, la barra di protezione laterale si è piegata formando uno spigolo netto verso l’interno. Nei paraggi si trova un pozzo che sostiene alcune famiglie: ci mettiamo al lavoro sotto gli occhi di due ragazzi che accorrono curiosi e ci portano una provvidenziale tanica d’acqua. Ne useremo più di metà per bagnare le bandana da tenere sulla testa: è la nostra salvezza, senza ci saremmo probabilmente squagliati sotto il sole come uova Kinder dimenticate sul cruscotto della macchina a Ferragosto…
Smontiamo la barra piegata e la leghiamo al bagaglio sperando di poterla raddrizzare in qualche officina quando saremo ad Atar; raddrizziamo il telaietto con le leve smontagomme e sistemiamo le carene con il nastro americano. Pronti, si riparte!
Nicola: Vediamo se parte… giro la chiave, schiaccio il bottoncino… WHAM!!! Una bella fiamma gialla si sprigiona da sotto il serbatoio. Merd….!!! Butto la moto a terra ed inizio a buttarci su sabbia con le mani: fortuna che non mi sono fermato un po’ più in là , dove il fondo è roccioso! Prima di riuscire a spegnerla ho tutto il tempo di pensare: 1. game over, questa volta la lascio qui; 2. e pensare che avevamo scherzato sul fare un falò con la CRF se ci lasciava a piedi, sarà una vendetta di Soichiro Honda? 3. E ora se prende fuoco il serbatoio cosa faccio, provo a slegare i bagagli per salvare almeno quelli o mi metto in disparte a fare foto per il necrologio? 4. sulla moto del socio coi bagagli non ci sto, sarà la volta che provo a viaggiare col cammello?
Spento il principio d’incendio, ci mettiamo alla ricerca del problema. È successo che la barra, piegandosi, ha schiacciato un giunto nel tubo della benzina crepandolo, e si è spinta fino a spaccare la pipetta di una candela. All’accensione la pressione della pompa fa schizzare la benzina proprio sotto la pipetta…
Questo scherzetto ci costa in totale quasi mezza giornata. Ripartiamo un po’ demoralizzati, ma per lo meno la pista è buona: due tracce che corrono su terra e sabbia rossa, canaloni fra una rada erbetta, piacere di guida in un panorama selvaggio di valli e montagne.
Un enorme sabbione soffice ci ricorda che dobbiamo fare attenzione all’autonomia: così appena arrivati al villaggio di El Meddah, che sovrasta un esteso palmeto ben curato, proviamo a chiedere se per caso qualcuno ha della benzina. “Sì certo” è la risposta che in questo minuscolo villaggio non ci aspettavamo! Per qualche motivo il proprietario dell’epicerie del villaggio ne ha alcuni fusti, e anche succhi di frutta freschi (ma non acqua minerale). Ci attardiamo a chiacchierare con gli anziani che oziano sulla strada, finché il proprietario sentiti i nostri piani ci dice: ma dormite qui stasera, vero? Non è possibile raggiungere il passo di Tifoujar prima del tramonto. Ops… noi contavamo di arrivarci già ieri sera... ci congediamo rapidamente e saltiamo sulle moto.
La pista è piuttosto tecnica, e il negoziante non si è sbagliato: siamo ancora lontani dal passo quando il sole arriva all’orizzonte. Ma siamo testardi e procediamo ad oltranza, alla luce degli abbaglianti. Arriviamo al passo nel buio più completo: nessun riferimento su dove sia la falesia, si percepisce appena l’imbocco della discesa. Logica vorrebbe che, dopo una giornata così ed un epilogo in notturna, festeggiassimo il nostro traguardo raggiunto con abbracci e pacche sulle spalle, per poi concederci un meritato riposo. E invece no: misteri della mente umana, ci mettiamo a disquisire caparbiamente su quale sia il posto migliore per mettere le tende in modo da godere dello spettacolo dell’alba sul passo il giorno successivo…
Stage 3
- Percorso: Foum Tizigui - guelta di Amazmaz - El Meddah (rifornimento, da taniche) - Passo di Tifoujar
- Percorrenza: 117 km
Che figata.
RispondiEliminaOh fortuna che il danno lo ha subito la vecchia cara mitica vera africa....col cazzo che lo avreste trovato così velocemente (mi vien da dire ) il guasto con la CRF
Più che altro credo che la CRF, con l'alternatore che sporge così tanto sotto, in una dinamica identica avrebbe avuto danni più gravi... però il fatto oggettivo è che la CRF c'è passata senza problemi dove la XRV è caduta... Diciamo che è tutto merito della moto? ;-)
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