Recollections
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È
difficile descrivere quanto restino vive e forti le immagini di un viaggio come questo, e spiegare il mistero del richiamo potente che ne scaturisce.
Al ritorno c'è giusto il tempo per scaricare i bagagli e concedersi una lunga doccia, che lavando via polvere e stanchezza segna il ritorno al comfort domestico, prima che la routine quotidiana si riappropri prepotentemente dei suoi ritmi. Eppure tornano costantemente alla mente le immagini, il sapore della sabbia fra i denti, la sensazione di un sorso d'acqua da una borraccia, rassicurante per quanto calda. Ed ecco che, dopo oltre un anno, ci troviamo a scorrere ancora fra le fotografie, a cercare appigli nella memoria, alla ricerca del senso della nostra piccola avventura, di quel qualcosa che la riporta così spesso alla nostra attenzione, con un senso di desiderio e malinconia.
Cosa rende speciale e così irresistibile un'esperienza tutto sommato faticosa, che richiede lavoro, preparazione, sforzo, così lontana da quella che consideriamo una bella vacanza?
Forse la risposta più ovvia sta nello spettacolo grandioso dei luoghi. Sterminati paesaggi minerali, oasi e luoghi incredibili che sfuggono all'immaginazione e che generano quella sensazione inebriante che gli anglofoni chiamano "awe". Il sentimento sbalorditivo che si prova di fronte allo spettacolo dell'immensità della natura, all'espressione della sua potenza, selvaggia e anche minacciosa, di fronte a cui i nostri sforzi e i nostri problemi impallidiscono lasciando un senso di stupore e rispetto.
Non e' la natura benevola e idilliaca dei prati e dei boschi, e può anche non risultare "bella" secondo i canoni comuni, ma dall'emozione che procura scaturisce un fascino profondo.
Fascino che è reso ancora più intrigante dal fatto che si tratta di luoghi remoti e difficilmente accessibili, e dal senso che acquista il fatto di averli conquistati con le proprie forze. Poterne godere, anche solo per un attimo e magari in completa solitudine, diventa così un privilegio raro, che lascia un segno.
E proprio questo è il senso di andarci in moto, e di andarci da soli, senza supporto. Certo c'è il piacere di andare in moto in fuoristrada, che è senza dubbio un aspetto importante, ma se fosse solo questo lo si potrebbe gustare ovunque: non basta a spiegare il richiamo del deserto, "il mal d'Africa" che è un argomento ricorrente per chi ha avuto la fortuna di andarci.
Alla scoperta dei luoghi si affianca quella delle persone e delle culture, che regala esperienze brevi ma profonde ed indimenticabili. Anche in questo viaggiare in moto, da soli e senza guide o supporto, permette il lusso di interagire in modo diretto, fresco e senza intermediazioni. E questo ci ha sempre regalato degli incontri sinceri e preziosi.
Infine c'è l'aspetto non meno importante della dimensione personale, del "viaggio interiore", che riserva sorprese inaspettate. Si scopre così che la mancanza di comfort, la tensione di viaggiare in autonomia, di trovare la pista, di gestire le scorte di acqua e benzina, di affrontare un imprevisto meccanico, tutte le cose che insomma ci si aspetta essere sorgenti di stress e frustrazione, assumano una dimensione completamente diversa una volta che le si affronta. È illuminante scoprire di quante comodità e soprattutto di quante sicurezze e certezze puoi fare a meno, tranquillamente e con semplicità . È questa una delle sensazioni più forti ed appaganti di viaggiare in Africa: ti insegna ad affrontare, per quanto sotto tensione, situazioni difficili con una serenità e quindi una forza di cui non pensavi di essere capace.
È curioso come in molti resoconti di viaggio la Mauritania venga descritta come una terra ostile, con paesaggi poco interessanti e un popolo scortese e ormai smaliziato nello spillare denaro ai pochi turisti che vi ci si avventurano. Una terra di transito, da attraversare il più in fretta possibile nel tragitto verso Sud, per l'Africa nera. È difficile conciliare questa immagine con la nostra, con la incredibile sensazione che abbiamo in quei deserti: di essere, in qualche modo, semplicemente a casa.
E, prima o poi, bisogna tornare a casa.
Cosa rende speciale e così irresistibile un'esperienza tutto sommato faticosa, che richiede lavoro, preparazione, sforzo, così lontana da quella che consideriamo una bella vacanza?
Forse la risposta più ovvia sta nello spettacolo grandioso dei luoghi. Sterminati paesaggi minerali, oasi e luoghi incredibili che sfuggono all'immaginazione e che generano quella sensazione inebriante che gli anglofoni chiamano "awe". Il sentimento sbalorditivo che si prova di fronte allo spettacolo dell'immensità della natura, all'espressione della sua potenza, selvaggia e anche minacciosa, di fronte a cui i nostri sforzi e i nostri problemi impallidiscono lasciando un senso di stupore e rispetto.
Non e' la natura benevola e idilliaca dei prati e dei boschi, e può anche non risultare "bella" secondo i canoni comuni, ma dall'emozione che procura scaturisce un fascino profondo.
Fascino che è reso ancora più intrigante dal fatto che si tratta di luoghi remoti e difficilmente accessibili, e dal senso che acquista il fatto di averli conquistati con le proprie forze. Poterne godere, anche solo per un attimo e magari in completa solitudine, diventa così un privilegio raro, che lascia un segno.
E proprio questo è il senso di andarci in moto, e di andarci da soli, senza supporto. Certo c'è il piacere di andare in moto in fuoristrada, che è senza dubbio un aspetto importante, ma se fosse solo questo lo si potrebbe gustare ovunque: non basta a spiegare il richiamo del deserto, "il mal d'Africa" che è un argomento ricorrente per chi ha avuto la fortuna di andarci.
Alla scoperta dei luoghi si affianca quella delle persone e delle culture, che regala esperienze brevi ma profonde ed indimenticabili. Anche in questo viaggiare in moto, da soli e senza guide o supporto, permette il lusso di interagire in modo diretto, fresco e senza intermediazioni. E questo ci ha sempre regalato degli incontri sinceri e preziosi.
Infine c'è l'aspetto non meno importante della dimensione personale, del "viaggio interiore", che riserva sorprese inaspettate. Si scopre così che la mancanza di comfort, la tensione di viaggiare in autonomia, di trovare la pista, di gestire le scorte di acqua e benzina, di affrontare un imprevisto meccanico, tutte le cose che insomma ci si aspetta essere sorgenti di stress e frustrazione, assumano una dimensione completamente diversa una volta che le si affronta. È illuminante scoprire di quante comodità e soprattutto di quante sicurezze e certezze puoi fare a meno, tranquillamente e con semplicità . È questa una delle sensazioni più forti ed appaganti di viaggiare in Africa: ti insegna ad affrontare, per quanto sotto tensione, situazioni difficili con una serenità e quindi una forza di cui non pensavi di essere capace.
È curioso come in molti resoconti di viaggio la Mauritania venga descritta come una terra ostile, con paesaggi poco interessanti e un popolo scortese e ormai smaliziato nello spillare denaro ai pochi turisti che vi ci si avventurano. Una terra di transito, da attraversare il più in fretta possibile nel tragitto verso Sud, per l'Africa nera. È difficile conciliare questa immagine con la nostra, con la incredibile sensazione che abbiamo in quei deserti: di essere, in qualche modo, semplicemente a casa.
E, prima o poi, bisogna tornare a casa.